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UNIONI CIVILI

Scritto da Stella Maggi

Il “Telefono Rosa” ritiene che tra le gravi mancanze di questo paese, vi sia una legge sulle unioni civili. Per questa ragione accoglie con piacere che il percorso della Legge, con prima firmataria la Sen. Monica Cirinnà, non si fermi. Per i diritti delle persone non possiamo e non vogliamo più aspettare.
Maria Gabriella Carnieri Moscatelli

“La commissione Giustizia ha deciso oggi di proseguire il dibattito sul testo unificato sulle unioni civili. Arriveremo cosi’ a settembre con una discussione ed un’analisi ampia e approfondita anche rispetto ai tanti contributi, politici e culturali, usciti recentemente sulla stampa italiana”. Lo dichiara la senatrice del Pd Monica Cirinna’, relatrice del provvedimento.
“Tutte le fasi importanti che vedono cambiamenti radicali nella nostra societa’ sono caratterizzati spesso da opinioni divergenti- aggiunge- Compito della politica e’, dopo aver ascoltato e tentato la comprensione di tutte le posizioni, di fare una sintesi ed elaborare un testo definitivo al quale tutti i senatori potranno contribuire con emendamenti.

Se dovesse esserci anche un contributo da parte del Governo questo sara’ da accogliere positivamente perche’ sarebbe una manifestazione di grande interesse e sensibilita’”. “Resto comunque convinta- conclude Cirinna’- che la strada parlamentare sia quella che consenta la maggiore condivisione , strada che consente tranquillamente al governo di contribuire presentando proposte ed emendamenti, anche sostanziali, per dare presto al Paese una legge da troppo tempo attesa e che viene chiesta a gran voce anche dai tanti sindaci che , in modo autonomo e diverso da citta’ a citta’, stanno tentando di dare una risposta ai cittadini che reclamano il riconoscimento di diritti anche presso le anagrafi”.

A riprova di quello che diciamo una bravissima scrittrice ci ha inviato questo pezzo che condividiamo e pubblichiamo:

Le due spose

“Se non noi, chi? Non ci siamo mai nascoste e siamo sempre state accolte, accettate e stimate per il nostro impegno per il bene della città. Trasformiamo allora la nostra situazione in vantaggio, in una risorsa per tutti e tutte che possa servire a chi non se lo può permettere e vive una vita nascosta. Quindi saremo due spose, un sindaco, due assessori e tanti testimoni del nostro amore. Forse è anche più semplice di quanto sembra.” Carla chiude il libro e si sente qualcuno gridare “Brava”. E’ il giorno del suo matrimonio con Barbara, il primo del genere, celebrato a Ravenna sabato cinque luglio. Due abiti bianchi diversi per le spose – quello di Carla è lungo, impreziosito da uno scialle con disegni floreali, quello di Barbara è corto, più tradizionale, ricamato – due bouquet, una grande gioia che si sente nell’aria. Applaude tutta la sala. Con convinzione, con entusiasmo. Sono in tanti, uomini e donne di diverse età ed estrazione culturale, riuniti nella sala del Comune per testimoniare non solo la condivisione di un sentimento e di una battaglia politica, ma anche lo scollamento che c’è tra paese reale e potere, due tempi e due mondi che procedono su binari paralleli senza incontrarsi mai. “I nostri governanti continuano a fare finta che le cose non esistano, mentre noi procediamo portando avanti una battaglia per i diritti civili, nell’immobilismo totale del Paese. Senza diritto di cittadinanza. Ed è un discorso che vale per tutti, per i portatori di handicap ad esempio. Le istanze non vengono accolte, i diritti civili non sono mai una priorità e intanto la vita corre velocissima, non abbiamo più il tempo di aspettare” mi dice Barbara, l’altra sposa, spiegandomi come sia nata la scelta di questa cerimonia pubblica per festeggiare dieci anni di convivenza. Per sposarsi, alla fine, come ogni coppia desidera.

Passo dopo passo, Carla Baroncelli e Barbara Domenichini, giornalista la prima, dipendente comunale la seconda, entrambe molto impegnate nel sociale, hanno superato la barriera delle istituzioni per concretizzare il loro sogno. E così è nata una cerimonia, senza valore legale, ma vincolante per le spose, una specie di ribellione silenziosa e potente, portata avanti nel rispetto delle regole allo stesso tempo trasformate e riadattate, come il fatidico “sì”, pronunciato però in risposta alla domanda: “li avete gli anelli?” . C’è il sindaco a celebrare l’unione, Fabrizio Matteucci, del Pd, che deve lasciare la fascia tricolore sul tavolo: “spero un giorno di poterla indossare per riconoscere anche dal punto di vista giuridico l’unione di chi si ama” dice. Ci sono, per scelta, anche due assessore, Valentina Morigi che spiega “questo amore è come tutti gli altri” e Giovanna Piaia, “le parole per i diritti sono politiche – dice- e la politica oggi qui non sta facendo una bella figura”. E poi i testimoni: oltre alle due nipoti adolescenti di Carla, tutti i presenti, gli amici della coppia, chiamati a spiegare perché hanno scelto di condividere la loro scelta, partecipare alle nozze . C’è la professoressa che ricorda come la Costituzione parli di famiglia all’articolo 29 senza specificare il sesso dei componenti e ribadisca all’articolo 3 che non devono essere fatte discriminazioni di nessun genere. E ancora Elena che rilancia il valore dell’amore , Raffaella che ringrazia le due spose per aver voluto unire la loro esperienza privata a quella pubblica e politica ed Elisa che augura ancora tanti matrimoni alle spose, sperando che un giorno chi deve capire capisca. Finisce come nelle migliori tradizioni con il lancio dei chicchi di riso e la festa in campagna, ballando e mangiando la torta nuziale.
Ma la loro storia di queste due donne non si chiude qui: un altro matrimonio arriverà, in Portogallo, probabilmente il primo sabato di ottobre. “E’ l’unico paese insieme alla Norvegia – mi spiega Barbara- che riconosce il matrimonio tra persone dello stesso sesso non residenti nel Paese. Noi abbiamo fatto un percorso diverso rispetto agli altri che si sono sposati all’estero, cercando poi di far riconoscere l’unione in Italia. E porteremo con noi tutti gli amici, che ci sono sempre stati vicini, che ci hanno amato e accettato come una coppia normale. Abbiamo chiesto per regalo di nozze dei soldi che rimetteremo in circolo per affittare una grande casa ed ospitare chi verrà in Portogallo.” Anche questo è un altro passaggio non convenzionale, con una documentazione complessa che le spose hanno richiesto e ottenuto. “Mi auguro che altre coppie trovino il coraggio di fare questa scelta. E’ una bella soddisfazione” spiega Barbara e aggiunge che loro non hanno mai subito aggressioni o episodi sgradevoli, che dopo “il fatto” sono stati in tanti a cercarle per parlare e conoscerle, che delle nozze si sono occupate le pagine di cronaca locali e che la cerimonia è stata criticata dall’opposizione solo perché il sindaco aveva celebrato nella sala del comune, domandando anche chi avesse pagato le spese. “ Le abbiamo pagate noi, ovviamente- conclude – anche questa volta utilizzando un espediente : abbiamo compilato il modulo dell’anagrafe scrivendo che la sala era per un evento.” L’evento, il fatto è una piccola grande battaglia, coraggiosa, inventata un giorno dopo l’altro. Per i diritti di tutti.