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TORNIAMO A PARLARE DI STUPRO

Così torniamo a parlare di stupro, alla vigilia di Ferragosto, quando le ragazze e i ragazzi muoiono per aver cercato un elemento di novità, un bicchiere di troppo, una pasticca da provare una volta, un’emozione perché di quelle i giovani vivono. Torniamo a parlare di stupro, come facciamo spesso, da questa pagina o su Facebook  e le donne lo sanno che non siamo noiose.  Dobbiamo ripeterci perché il tempo si è fermato e siamo comunque condannate ad assistere annichilite a questo immobilismo che il nostro frenetico governo – così zelante nel cercare di proporre cambiamenti-  ha destinato alla “questione femminile”. Non abbiamo e non avremo una Ministra per le Pari Opportunità, non abbiamo visto un passo sia pur minimo per l’applicazione della Convenzione di Istanbul, ma anche questo è un ritornello ripetitivo, davvero siamo noiose!

E allora ricominciamo. Le ultime notizie, quelle estive, raccontano due violenze negli ultimi giorni a Roma: una ai danni di una diciottenne che aspettava l’autobus, l’altra nei confronti di una donna senza fissa dimora martirizzata per due giorni in una baracca alla pineta di Ostia.  Anche lei aspettava l’autobus. A Modena, lo scorso fine settimana, una ragazza è stata abusata dal branco all’uscita di una discoteca, dopo essere stata caricata in macchina. Gli inquirenti però sollevano dubbi, nonostante i lividi sul corpo. Chissà, magari era salita sull’auto volontariamente. Se ci spostiamo a Senigallia c’è la storia di un ex che violenta una ventiquattrenne e filma tutto con il cellulare,  e poi nel parmense, la sedicenne abusata da un gruppetto di bastardi, prima della pizza con gli amici a suggellare la fine dell’anno scolastico. Si potrebbe continuare a lungo, ormai stupri e tentate violenze non occupano troppo spazio sui quotidiani, forse anche loro temono di essere noiosi, ripetitivi.

E’ ripetitivo persino lo sfogo della giovane attrice fiorentina stuprata da sei ragazzi alla  Fortezza da Basso nel 2008. Gli autori della violenza sono stati assolti al processo d’appello. Scrivono, tra l’altro, i giudici nella motivazione della sentenza:  “La vicenda è incresciosa, ma penalmente non censurabile. La giovane era presente a se stessa anche se probabilmente ubriaca,  l’iniziativa di gruppo non fu ostacolata.”  Risponde lei nello sfogo pubblicato sul blog “Abbatto i muri”.  Racconta di come sia stato difficile vivere da allora:  “Esisto. Nonostante abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruir a stenti, briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita la violenza che mi è stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui è stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale.”

Così ci torna in mente il processo per stupro, lo ricordate?  Era il 1978  quando fu girato a Latina il film che raccontò all’Italia cosa succede a chi denuncia di aver subito violenza e si trova improvvisamente sul banco degli imputati. “Se questa ragazza fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente” disse l’avvocato della difesa.  Sembra di rileggere le parole scritte qualche giorno fa su Twitter da Francesco Errico, sindaco dimissionario di Gallipoli: “Se le famiglie esercitassero un po’ più di controllo sui figli non morirebbe un diciottenne la settimana in disco. Se non sai educare non sai procreare.”

Di questo moralismo inutile e colpevolista siamo stanche, possiamo dirlo? Siamo madri e donne, abbiamo figli adolescenti che devono sorridere alla vita, ragazze che possono prendere l’autobus senza dover aver paura, chiediamo attenzione e giustizia, un cambiamento di rotta, per non essere costrette a ripetere, anno dopo anno, mese dopo mese,  con altre parole, gli stessi concetti.  Lo stupro è un atto ignobile che distrugge una persona. Si cominci a condannarlo, con ogni strumento possibile, soprattutto nelle aule di tribunale e si educhino i ragazzi e i bambini. Ci piacerebbe sentir parlare di più di questi problemi, di possibili soluzioni. Voi che ne dite? Pensiamoci, sarà il nostro compito delle vacanze.

 

Stella Maggi