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OSSERVAZIONI DISEGNO DI LEGGE N. 1200

 

OSSERVAZIONI DISEGNO DI LEGGE N. 1200

Il disegno di legge in oggetto “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia delle vittime di violenza domestica e di genere” è volto a riformare il codice sostanziale e di rito. 

L’art. 2 del disegno di legge n. 1200, rubricato “Assunzione di informazioni”, interviene sull’art. 362 c.p.p., stabilendo che il pubblico ministero “assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato”. Si amplia, dunque, la gamma dei reati (artt. 572, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinqiues, 609 octies e 612 bis del codice penale) per i quali il Pubblico Ministero potrà assumere informazioni nel termine dei tre giorni. 

L’Associazione Nazionale Volontarie Telefono Rosa non condivide l’introduzione di tale norma nel sistema processuale.

Un termine così ristretto, tre giorni, è sia utopistico che insidioso e malsicuro.

Utopistico perché qualsiasi operatore del diritto è a conoscenza di quanto sia oberata e subissata di lavoro ogni segreteria dell’Ufficio del Pubblico Ministero, materialmente sarebbe impraticabile riuscire a sentire la persona offesa in così poco tempo.

Insidioso e malsicuro perché la persona offesa non avrebbe il tempo materiale per mettere al sicuro se stessa e la propria prole. Tale termine, infatti, interviene per reati di natura prevalentemente endofamiliare, dunque, sovente la vittima, la donna, coabita con il proprio carnefice. 

La casistica ci insegna che è proprio durante la convivenza che la donna matura la necessità di fuoriuscire dal vortice della violenza. Spesso è costretta a trovare escamotages per potersi recare nei centri antiviolenza o dal proprio legale, in modo tale che il marito o il compagno non venga assolutamente a sapere che la stessa è intenzionata a sporgere denuncia-querela. L’apprensione di una tale notizia da parte del maltrattante non farebbe che aumentare questi i comportamenti violenti e prevaricatori, fino a condurli a conseguenze estreme, così come tristemente lo si apprende dalle pagine di cronaca.

E’ impensabile, dunque, pensare di notificare l’avviso di escussione a sommarie informazioni al domicilio della persona offesa, quando non si è certi che la stessa non coabiti più con il proprio aguzzino. I rischi a cui si sottoporrebbe la persona offesa sono elevatissimi, sarebbe un azzardo troppo grande. 

Spesso, trascorrono intere settimane o mesi prima che la donna possa trovare una sistemazione consona alla messa in sicurezza e protezione della sua persona. Accelerare così bruscamente i tempi, potrebbe avere effetti nefasti.

Nel ribadire quindi che tale norma non dovrebbe fare ingresso nel nostro codice di procedura penale si chiede che almeno, nel caso la norma dovesse passare il vaglio del Senato si provi a limitare i danni che la stessa potrebbe cagionare.

Pare opportuno, allora, proporre che la convocazione della persona offesa debba avvenire con le garanzie di sicurezza e riservatezza idonee a scongiurare la messa in pericolo della stessa a seguito della conoscenza dell’autore della violenza. E ciò in raccordo con quanto previsto dall’art. 362 c.p.p. co. 1 bis in relazione all’ascolto della persona offesa particolarmente vulnerabile.

Già la legge n. 119/2013 (la cosiddetta Legge sul femminicidio) ha introdotto, con l’art. 2, tempi abbreviati ed una corsia preferenziale per la trattazione di questo tipo di procedimenti sia in fase di indagine che in relazione alla formazione di ruoli di udienza.

Per quanto concerne l’art. 4, il quale prevede l’introduzione dell’art. 387 bis c.p. “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”, il Telefono Rosa ritiene che in luogo della creazione di una nuova fattispecie sarebbe più utile ed opportuno integrare al terzo comma l’art. 385 c.p., rubricato “Evasione”, in tal modo verrebbero ricomprese le condotte perpetrate con minaccia, violenza ed effrazione. 

L’art. 5 del presente disegno di legge prevede una specifica formazione degli operatori di polizia. A tal proposito sarebbe auspicabile che venisse ampliata la gamma dei soggetti obbligati a alla formazione. Per quanto riguarda la magistratura, il CSM già provvede in tal senso, tuttavia ribadire che vi siano programmi periodici di aggiornamento e formazione specifica sulla materia della violenza di genere sarebbe senz’altro auspicabile. Inoltre, i terribili fatti di cronaca che siamo ormai tristemente costretti a rilevare quotidianamente ci spingono ad evidenziare come sia indispensabile affrontare il problema di una formazione seria, efficace degli operatori socio assistenziali presenti sul territorio italiano. Gli assistenti sociali necessitano di una formazione specifica che li prepari a comprendere la gravità dei fatti che vengono loro rappresentati dalla donna vittime di violenza domestica e a comprendere la necessità immediata di approntare strumenti per la messa in sicurezza per la stessa, coadiuvandola nei contatti con i centri antiviolenza, le forze di polizia e l’autorità giudiziaria competente per territorio. Inoltre, sarebbe opportuno focalizzare l’attenzione sugli altri soggetti che si interfacciano con persone vittime di reati endofamiliari. Ciò vale anche per il personale delle ASL, dei servizi di salute mentale, gli insegnanti ecc … .

Si propone che nel programma di formazione vengano previsti anche incontri formativi con le operatrici dei Centri antiviolenza, le quali, avendo contatto quotidiano con le donne vittima e i loro figli, e con tute le problematiche che derivano dalle situazioni di violenza, possono apportare sicuramente elementi e dati utili per la conoscenza e l’approfondimento del fenomeno della violenza di genere. 

Ogni Procura dovrebbe implementare i pool di Pubblici Ministeri con idonea formazione sulla dinamica con cui vengono posti in essere tali reati. Le indagini preliminari dovrebbero essere svolte con perizia ed accuratezza idonea per gli specifici reati, affinché non si incorra, come spesso accade, in richieste di archiviazione o assoluzioni perché manca completamente l’impianto probatorio. 

L’art. 6 modificherebbe l’art. 165 c.p. in materia di sospensione condizionale della pena. Prevede che il condannato volontariamente si sottoponga a “specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati” e “gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero (…) sono a carico del condannato”. Pare opportuno sottolineare, come la norma, così novellata, possa non superare il vaglio di costituzionalità in quanto discriminerebbe i soggetti non abbienti, impossibilitati a sostenere le spese per tale percorso di recupero. Inoltre, è importate che le associazioni coinvolte siano iscritte ad albi regionali o nazionali.

L’art. 8 riguardante le misure in favore degli orfani per crimini domestici e delle famiglie affidatarie risulta estremamente nebuloso, in quanto non si comprende da quali Enti vengano erogati i fondi.

  1. L’ art. 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di misure in favore degli orfani per crimini domestici e delle famiglie affidatarie prevedrebbe al co. 1 lett. a) che “una quota pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017 è destinata all’erogazione di borse di studio in favore degli orfani per crimini domestici”. Sono stati erogati? Con quali modalità? Ad oggi tali fondi pare siano ancora bloccati.
  2. Le quote da erogare nel 2019- 2020 saranno nell’ambito del programma ‹‹Fondi di riserva e speciali›› della missione ‹‹Fondi da ripartire›› dello Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2019, allo scopo parziale utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Non è fumoso e troppo generico?

La lett. b) del suindicato articolo appare fumosa e generica, quasi incomprensibile.

 

L’art. 9 prevede che il minore venga considerato in automatico persona offesa nel caso in cui abbia assistito direttamente ai maltrattamenti. Nulla si dice per quanto concerne i figli maggiorenni.

L’art. 10 inserisce nel codice penale l’art. 612 ter “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Pare opportuno inserire nel presente articolo la previsione di un congruo risarcimento alla vittima, anche subordinandolo alla sospensione della pena, così come disposto per esempio nel caso di danneggiamento ex art. 635 c.p..

L’art. 12 prevede l’innesto di una nuova fattispecie, rubricata “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” ex art. 583 c.p.. Sarebbe opportuno che il dettato normativo ricomprendesse anche le deformazioni e le lesioni permanenti al corpo.

L’art.14 implementa le norme di coordinamento tra il Giudice Penale e il Giudice Civile. A tal proposito rileviamo come il Telefono Rosa abbia partecipato al “Tavolo Interistituzionale tra Uffici Giudiziari competenti nel Circondario di Roma Avvocatura e Centri Antiviolenza”.

Si tratta di un lavoro importante che partiva proprio dalla considerazione dell’esistenza di un vulnus comunicativo tra i vari Tribunali.

Quanto previsto potrebbe essere ulteriormente rafforzato inserendo quanto previsto dalle linee guida recentemente siglate tra il Tribunale Civile, Penale e Minorile di Roma.

All’art. 17, nuovamente nulla si dice sui requisiti che le associazioni che prendono in carico i condannati per reati endofamiliari e di genere debbano avere. Pertanto, è necessario che le associazioni convolte debbano essere iscritte ad albi regionali o nazionali.