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Scritto da Natascha Lusenti

Oggi è un altro giorno e mentre stendo la crema sul mio viso incontro il naso e la sua cartilagine e l’osso del setto e mi metto a pensare a quella volta che un ragazzo quasi lo spaccò a una ragazza che conoscevo. Ricordo che faceva caldo. E ricordo la porta aperta sul bagno minuscolo nel quale la ragazza lavava dei panni a mano. Il ragazzo e lei stavano litigando. Lei sapeva che non potevano continuare a stare insieme, ma non aveva il coraggio di dirlo ad alta voce. Credo che fosse lo stesso per lui. Lei doveva fare i conti con se stessa. Lui doveva fare i conti con gli amici e la famiglia. Lei era giovane, lui un po’ meno. Stavano litigando e lui le tirò un pugno in faccia. Le colpì il naso, molto forte. Ricordo il dolore di lei e lo stupore. Credo che l’abbia cacciato di casa o forse se ne andò lui dall’appartamento che lei condivideva con due compagne dell’università. Fu portata all’ospedale da un amico. Poi lei raccontò. Era stata seduta davanti a un medico che le chiedeva cosa le fosse successo. Lei aveva detto: ho sbattuto contro una porta. Il medico le aveva chiesto se era sicura della risposta. Lei aveva detto: ho sbattuto contro una porta. Il medico l’aveva guardata con tristezza e lei se n’era andata trascinandosi dietro delle catene pesanti. Ci sarebbero voluti altri sei mesi prima che lei lo lasciasse. Lei non ricorda che lui le abbia mai chiesto scusa. Oggi io, che ero quella ragazza, mi sono perdonata.

(dedicato a Ilaria Pagliarulo che a vent’anni è stata uccisa dal suo fidanzato)