fbpx

Scritto da Natascha Lusenti

Oggi è un altro giorno e mentre mi lavavo i capelli mi è finito dello shampoo negli occhi che hanno cominciato a lacrimare. Allora mi è venuto in mente il ragazzo che piangeva, in una galleria d’arte contemporanea. Se ne stava lì, immobile, nel bronzo in cui l’artista l’ha scolpito e dava le spalle al ricordo più bello della sua infanzia: palafitte sull’acqua e un pezzo di spiaggia vicino alla casa del nonno. Accanto a lui, un compagno di giochi. Erano entrambi sotto il sole e attraverso la tela del quadro mi sembrava quasi di sentire il calore dei raggi sulla pelle. L’adolescente forse aveva nostalgia del suo tempo di bambino o della famiglia che è rimasta nel Paese da cui lui è emigrato. Forse perciò piangeva, come sospeso in un tempo di dolore e le sue lacrime si raccoglievano in un canale di rame. Seguendo il rivolo, sono arrivata nell’ultimo spazio della mostra dove c’erano una volpe imbalsamata e un piccolo lago. Le lacrime del ragazzo sgorgavano dal canale come da un affluente e formavano lo specchio d’acqua che nutriva l’erba e i pini tutto intorno. E vedendo quelle radici ingrossate dal dolore ho pensato alla ragazza che ha testimoniato in un processo trasmesso in diretta televisiva. Si chiama Michelle e ha passato gli ultimi undici anni della sua vita senza poter uscire da una camera con le porte e le finestre sbarrate. Michelle è stata sequestrata e violentata. Dopo di lei, è arrivata un’altra ragazza. E poi un’altra ancora. Sono state là sotto, insieme, per dieci anni. Michelle è l’unica che ha voluto parlare in aula, davanti all’uomo che le ha rubato un pezzo di vita. La telecamera era stretta sul suo profilo e in tivù si sono viste le lacrime e si è visto gocciolare il muco dal suo naso mentre dichiarava che non gli avrebbe più permesso di deriderla e disprezzarla e tormentarla dicendo che la sua famiglia non la stava nemmeno cercando. L’uomo è stato condannato all’ergastolo e al silenzio perenne, perciò credo che lei parlasse più dei suoi incubi che della realtà, perché lui ora non potrà più farle del male. I giornalisti hanno scritto che Michelle è una donna coraggiosa. Gli psicologi hanno detto che un trauma così è duro da superare, ma che nel futuro ci possono essere comunque gioia e serenità per tutte e tre le ragazze. Io non so cosa faranno, ma ricorderò la forza nella voce di Michelle e la scelta delle parole che volevano dire che per quanto dipende da lei, vivrà la sua vita.
(per Marilia Rodrigues Silva Martins, ragazza brasiliana che viveva con il trolley in mano e il sorriso sulla faccia)