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Scritto da Natascha Lusenti

Oggi è un altro giorno e mentre passeggiavo ho visto la vetrina di una pasticceria e mi sono ricordata che è stato da poco il compleanno di una giovane donna che mi piacerebbe conoscere. E mi sono chiesta come sarà stata la torta con cui ha festeggiato i suoi anni che sono 17, che secondo me è un bel numero, anche se forse voi direte che sono troppo pochi per chiamarla una giovane donna. Eppure, lei lo è. È una donna, benché ancora minorenne, e ha deciso da tempo chi vuole essere. Innanzitutto, vuole andare a scuola e imparare quello di cui ha bisogno per muoversi nel mondo e per scegliere il suo posto. Allora mi è venuta in mente la mia professoressa di tedesco alle medie. Aveva i capelli rossi e le unghie rosicchiate, ma non è vero che chi si mangia le unghie è insicuro perché lei non lo era per niente. Si chiamava Esther e aveva le gambe secche e un grande seno che sarebbe piaciuto a Federico Fellini e che piaceva molto ai miei compagni di classe. Lei è stata la prima ad insegnarmi che non c’è niente che una donna non possa fare. Durante le lezioni la guardavo con ammirazione perché parlava molte lingue e tutte molto bene e perché aveva il brevetto di volo. E mi chiedevo come fosse stata capace di imparare a fare una cosa che a me sembrava così difficile. Deve avere fatto come Malala: ha scelto quello che le piaceva. E ho pensato che sarebbe stato bello vedere arrivare Malala a New York, per il suo discorso all’Onu, su un aereo pilotato da Esther. E ho pensato che piacerebbe anche a me, volare su un aereo guidato da lei.

(per Malala Yousafzai, attivista per i diritti delle donne, e per Esther, professoressa di tedesco e pilota)